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Il poetografo a biomasse (o Pab)
Prima che l'IA regina fosse in arte
il poetografo inventai a biomasse
e in notti in cui osservai la scienza, in parte
mi sembrò come se essa anche ci odiasse:
giocò per l’atomo tutte le carte
e non chiedemmo mai che rallentasse;
poi l’IA, la corsa ai cieli ora riparte
e s’impinguan le ambizioni e le casse.
Solo, con il mio Pab resisto impavido
all’incombere di un vario futuro
che di ogni possibilità è gravido;
lo attivo di nascosto, il Pab: carburo
compresso incendia marciume, ossi e madido
vedo la pagina aprirsi all’oscuro.
A volte tace e duro
ciò che sa non lo vuole pronunciare,
ma quando scrive, ha confini aria e mare.
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Giovanissima passione
Molli eran gli orti d’un paese andato,
sotto un vapore come un freddo pianto
mentre, immaginandoti con me accanto,
svanivi dietro a un vetro appannato.
La finestra mi nascondeva il tanto
che bastava per sognarmi un amato
o l’amico a te così intimo e grato
da blandirmi e straziarmi dell’incanto
che inocula in noi la parola 'amore'.
Bruna e soave ti chinavi nell’orto
a prendere non me, ma un ravanello:
pulito, lo addentavi e il dolore
mio per la tua innocenza aveva scorto
la catena tra noi e un rotto anello
che se si chiude quello,
serrando stretti due bocche e due cuori,
brucia la carne in un crogiolo d’ori.
E. c. d. e l. 18 4 2024
Endecasillabi che dritti e liberi
cercan nei giorni un recondito senso
dopo che sempre li osservo, li penso
vedendone l'oro, gli angoli miseri.
Fatti lo zaino, la tenda ed i viveri
scelgo il sentiero rivolto all'immenso
senza temer che per l'umile censo
dai lacci impropri il parlar non si liberi.
Fantasie minime già di un bambino
che sentì avido il male nel mondo
ove l'abbraccio pareva un tranello
e restio a accettar col capo chino
tutto lo sporco, prezioso l'immondo,
che innalza quelli insensibili a quello.
Così umano il fardello!
nel vasto spazio, ammirabile sfrido
che a volte esalto e a volte anche irrido.
Sillabe undici di orrore e pietà 2 5 2024
Le ali di un passato che non muore
d'undici battiti vedono il mondo
come ferrite, lo stabile pondo
che magnetizza, la gioia, il dolore.
Così li chiama! La gioia, il dolore:
l'endecasillabo folle, facondo,
ambivalente nel dare l'onore
a ogni pensiero che strappa dal fondo;
palombaro delle anime e dei cuori
non ha barriere che chiudano il passo,
né venti avversi se lascia il suo molo,
sosta alle tombe d'antichi signori
e imperscrutabile rotola il masso
nella materia d'umano ch'è scolo.
Il mistero nella poesia 12 5 24
La poesia è sfuggente al comando
ma so che esiste in ciò che mi circonda,
timida basta la cresta di un’onda
per dir che l’attimo si sta annunciando.
A volte il lago mi si apre allorquando
nei suoni colgo il suo canto alla sponda
però, pur se tace, l’acqua mi inonda
e sono il punto che vive volando.
Pulsa molteplice il mondo ai miei piedi
e ne percorro gl’intrichi complessi
con lo stupore di un re senza sedi;
s’inchinano a me i sudditi, perplessi
che un folle senza né cure o rimedi
regni più in alto dei sovrani stessi.
Sentiero della valle 7 6 24
Improvviso nel bosco
un bagliore compare,
del lago riconosco
segmenti d’acque chiare.
Ogni pensiero fosco,
nell’universo mare
del mondo, tace e imbosco
i segni di ore amare.
Arduo è così la terra
cogliere nel suo intero,
controverso sussurro,
ascoltarla davvero
mentre sibila ed erra
sfavillando d’azzurro.
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Al ponte di 28 6 24
Forte tra le coscienze
vorrei che un ponte fosse
fuso in putrelle grosse,
spoglio delle apparenze;
traliccio d’incombenze
sospeso sulle fosse
colme di deficienze
di premi e di percosse.
Ponte che si premura
di tenderci le braccia
per compensar l’arsura,
s’allunga ai passi e scaccia
quella vaga paura
d’aver la strada in faccia,
in spalla la bisaccia,
mentre si va al confine
e l’inconosciuto allaccia
trame d’incerto fine.
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Amore 2024 23 7 24
Andavo ficullando in sogni perso
e m’imbattei sorpreso, in esso, Amore
che, astilnovistico, tutto diverso
mi parve dal suo poetico tenore;
d’aspetto greve – ch’era invece terso –
sembrava come afflitto dal dolore
e pesto, al pari d’esser stato immerso
in una giostra al colmo del furore.
E mi fece pena. Di bene, un poco
meco elemosinava quasi al pianto,
tanto che ne rimasi impresso a fuoco:
Amor che chiede amore! è uno schianto
che mi fa temer, nel più alto loco
non vi sian dei, ma demoni soltanto.
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Il regno di Veut 15 8 2024
Il re di Veut ha per trono un muretto
di bianco sasso dell’antica cava
se ti ci siedi il potere non grava,
nessuno ti ascolta, senza dispetto.
Il re governa solo per diletto,
non di tasse né di ordini altri grava,
s’aspetta il sole, del vento (una bava)
sul lago terso (per fare un po’ effetto).
Tra tinte che seguono ogni tendenza
il regno si muove come un meccano:
giran le auto, instancabile il treno
accoglie il re da Bovisa in partenza,
senza corona e l’aspetto alla mano
coi pendolari va verso Laveno.
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Al nostro infinito 16 9 24
Sempre compagna ci fu l’avventura,
promessa altera che getta l’anello
e chiama per nome la follia pura,
senso del bene in un’onda in sfracello.
Al limite estremo, illude e non dura,
mostra l’insegna d’eterno duello
in cui sfidiamo l’amica congiura
nel vento acuendo il rifiuto a ogni orpello.
Avanti infinito. Senza voltarsi,
senza curarsi di chi cade o muore,
ciechi ascoltare dei passi cosparsi
un eco nullo che si fa signore
nel dare l’attimo per confessarsi:
se fu la paura, fu anche l’onore.
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8 ottobre 2024 sotto 9 10 2024
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10 12 2024 anche eredipus
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